CREDITI
di Annibale Ruccello
con Danilo Giuva
regia e spazio Danilo Giuva
consulenza artistica
Valerio Peroni
Alice Occhiali
luci
Cristian Allegrini
musiche e suoni
Giuseppe Casamassima
fondale
Silvia Rossini
organizzazione
Antonella Dipierro
con il sostegno di Compagnia Licia Lanera, Ombre – Associazione Culturale, Teatro Rossini
e Assessorato alla Cultura Comune di Gioia del Colle
In nome dell’amore vivo da sempre. In funzione dell’amore ho sempre dirottato e tradito la mia esistenza. L’amore, io, l’ho imparato attraverso mia madre.
Ho imparato quanto sia luminoso, divino, liberatorio, confortante, quanto possa essere “tutto”, quanto possa essere distorto, violento, surreale, quanto sia traditore, egoista e quanto, a volte, non esista.
Ho imparato tutto questo attraverso mia madre, attraverso la ferocia del suo amore, del suo amore materno.
Una madre è colei che dà inizio alla vita, è colei che rende possibile l’inizio di un altro mondo, che fa esistere un’altra volta, ancora una volta, il mondo. Nell’atto del concepimento la madre diventa creatrice, generatrice di un corpo che cresce, si espande, che acquista le sue forme, per rivelare, però, alla fine, la sua trascendenza.
La maternità è, dunque, l’evento in cui ogni madre incontra la dimensione irreversibile della perdita, è l’atto in cui la madre, perdendo il frutto creato dal suo corpo, cessa di essere creatrice. La maternità non è mai un evento della biologia, quindi, ma, innanzitutto, un evento del desiderio, il desiderio di reintegrare quel frutto nel suo corpo, di ripristinare il potere generatore della vita.
Ed è proprio dalla riflessione su questo desiderio e sulla sua degenerazione narcisistica che nasce il mio, di desiderio catartico, di comprenderlo fino in fondo, per sviscerarlo e mostrarne, poi, il cortocircuito che ne consegue. Per svelare il bug che infetta il cervello della donna/madre nell’istante dell’espulsione e che trasforma una condizione così bestialmente carnale ed istintiva, nell’incarnazione metaforica della disgregazione del nido familiare in funzione del Sé, al punto da indurla a disconoscere ogni sua mansione naturale e rivelare, all’opposto, un animo di genitrice perfida e mutevole.
Danilo Giuva